"Il
pittore Stefano Trapanese, ha inteso svolgere in questo recente dipinto
di
grandi dimensioni (olio su tela, cm
240x180),
un personale omaggio al Protettore della Città di Salerno. Sin dagli
esordi, la
ricerca dell'artista salernitano si è indirizzata su di un tracciato
figurale
che predilige immagini di grande semplicità; un’esperienza creativa che
attraversa la quotidianità di un rapporto con gli strumenti
tradizionali della
pittura. È
una figurazione, quella di Trapanese, che prova a pensare
alla
pittura quale proposta immaginativa per il nostro presente,
difficilmente
praticabile dalle esasperate virtualità della fotografia digitale,
dominante
oggi il panorama dell’arte contemporanea. La soluzione “compositiva”
individuata dall’artista, nella serrata partizione spaziale aperta ad
attraversamenti di piani luminosi, intende suggerire una possibilità
del
“sacro” che cerca di dare risposte alle inquietudini dei nostri giorni,
nella
rivelazione di un “valore” di testimonianza civile. L’intento
dell’artista, infatti, oltre il
riferimento religioso che rimane fondamentale, appare
legato
alla destinazione pubblica, immaginata per un luogo preciso: il
Padiglione “C” della costruenda Cittadella
Giudiziaria (nel
2021, dirottata verso una collocazione più "artistica", uno spazio
espositivo per eccellenza. Questo sarà poi
individuato nel Museo Diocesano San Matteo in largo Plebiscito a
Salerno - ndr),
dunque in una delle
maggiori
architetture
di Salerno,
quale
riconoscimento dell’Apostolo Matteo come
Protettore
e punto di riferimento dei valori costitutivi di una comunità, che
saldano
l’identità di Salerno al “suo” Santo. Il “San Matteo” di
Trapanese è interpretato
secondo caratteri ritrovati
nella
Storia dell’arte, guardando al Seicento italiano, in particolare, al
Caravaggio, nel riferimento al carattere “umano” più che
“sovrannaturale” delle
figure, come sottolinea la condotta più articolata nei volti,
evidenziata
dall’uso delle velature ad olio, che si elevano sensibilmente rispetto
di altre
parti dove la pittura appare deliberatamente semplificata.
Il
dipinto rappresenta, infatti, un uomo anziano, vestito alla
“apostolica”, in
una tunica purpurea e in stola gialla; sullo sfondo (dove si riconosce
l’altare
centrale della Chiesa di Sant’Apollonia a Salerno), lo spazio vuoto,
dominato
dalle tenebre, è attraversato da due fonti luminose provenienti da
destra (cero) e da sinistra in basso.
Il Santo siede davanti ad un tavolo ed è intento a scrivere il Vangelo.
A
destra, in piedi su di uno sgabello, un angioletto richiama la sua
attenzione
verso la fiamma di un cero sorretto da un candelabro. La presenza
dell’angelo
(che è anche il simbolo iconografico del Santo), che indica verso la
luce,
allude al fatto che egli è ispirato da Dio. Matteo è rappresentato non
più
giovane, ad intendere, come sottolineano i testi agiografici, che la
sua
vocazione era giunta in età avanzata; il volto è grave, indurito da una
vita
passata nell’attaccamento ai beni materiali. Infatti, dai Vangeli
(Matteo
9,
9-13; Marco 2, 13-17; Luca
5, 27-32), sappiamo che prima
della
conversione
Matteo – Levi che era il suo nome ebraico –, era un “pubblicano”, vale
a dire
un esattore delle tasse per conto dei Romani, ed era quindi considerato
un
traditore del suo popolo, un peccatore al servizio dei dominatori
pagani."
il critico d'arte
Marco Alfano
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