Alla presenza del
Vicesindaco Eva
Avossa, del Vicario arcivescovile
mons. Claudio Raimondo, del giornalista nelle vesti di presentatore
Paolo Romano, del critico d’arte dr. Marco Alfano e dell’autore del
dipinto Stefano Trapanese. Sono inoltre presenti i modelli utilizzati
per la composizione il dr.
Felice Chiumiento ed il piccolo
Daniele Giarletta.
Presenziano, tra gli altri, gli Assessori Alfonso
Buonaiuto, Ermanno
Guerra, il consigliere Giovanni Coscia ed il Presidente di
Salerno
Energia Fernando Argentino. Presenti anche la stampa e i tanti amici ed
ammiratori dell’artista. Paolo Romano introduce la cerimonia e parla di
momento storico in quanto l’evento verrà documentato come tutti gli
atti pubblici del Comune.
Si tratta di una donazione di un dipinto del
Maestro Stefano Trapanese titolato “San
Matteo e l’Angelo”. Un’opera
che si inserisce nel solco di una tradizione civica importante già
tracciata da artisti quali i Tafuri, gli Avallone ed altri che nel
tempo hanno voluto omaggiare, con le loro opere, la Civica
Amministrazione.
Il Vicesindaco, Eva Avossa, si dice orgogliosa di
ricevere, come
rappresentante istituzionale, un dono così prestigioso. Un omaggio alla
città ma anche al culto del Santo Patrono del quale i salernitani
coltivano la devozione. Il dono arricchisce la Comunità tutta in quanto
è risaputo quanto prestigio abbia già il Maestro Stefano Trapanese al
quale augura una fulgida carriera. Rinnova il ringraziamento a nome di
tutta l’Amministrazione e, ovviamente, a nome del Sindaco.
Mons.
Claudio Raimondo porta i saluti ed i complimenti dell’Arcivescovo S.E.
Mons. Moretti al Maestro Trapanese. Egli ricorda il feeling che scorre
tra San Matteo ed i salernitani, cresciuti a latte, milza, maruzzelle
ed il loro Santo.
Ricorda poi i propri natali in via San Benedetto, nei pressi del
Distretto Militare, e la sua fiera appartenenza al tessuto urbano della
Salerno antica. Si sofferma quindi sull’opera e ne evidenzia l’aspetto
della evangelizzazione cioè dell’annuncio “buono”. Matteo è stato
un’evangelista in grado di costruire ed aggregare la Comunità intorno
alla figura di Gesù Cristo. Matteo è in ascolto dell’Angelo, colui che
annuncia, colui che porta notizie. Infine, prima di procedere con un
“Padre Nostro” e la benedizione, augura al Maestro
Trapanese che dalle sue opere possa trasparire il messaggio di bontà
non solo artistica.
Paolo Romano riprende la parola per mettere in
risalto
l’importanza di
un santo come San Matteo che non è uno qualsiasi. Egli è uno dei 12
apostoli, è uno dei 4 evangelisti e quindi il cerchio si stringe
attorno a quello che è considerati il Vangelo più ricco e completo.
Tornando al dipinto dall’opera traspare anche la salernitanità di San
Matteo che, seppur non salernitano di nascita, viene inserito nel
contesto dell’altare centrale della chiesa di Sant’Apollonia, luogo
dell’antica Salerno. La veste rossa, poi, rappresenta il simbolo della
passione, del martirio del Santo. La candela accesa rappresenta
lo Spirito Santo, la luce divina, che è anche il centro non geografico
dell’opera. Il maestro Trapanese ha un altro pregio, quello di
dipingere dal vero utilizzando modelli come avveniva nel seicento.
Marco Alfano va a completare l’analisi critica del
dipinto. Mette in
risalto come questo sia il risultato più importante del Trapanese e
iniziatorio di un nuovo percorso: l’idea che l’opera del Trapanese
possa inserirsi in contesti pubblici. Mette poi l’accento sulla
composizione veramente efficiace sia sulla partizione spaziale sia come
ha risolto il problema del rapporto tra le due figure. La pittura non è
solo ciò che è rappresentato nella realtà ma è la
raffigurazione del pensiero dell’artista. Il quadro è stato concepito
dal Trapanese per essere inserito in un contesto pubblico, difatti,
originariamente pensato per essere collocato nella nuova Cottadella
Giudiziaria di Salerno, trova la sua collocazione definitiva nel
quadriportico del MuDiSa (Museo Diocesano San Matteo di Salerno).
Infine il critico mette in risalto come quest’opera ha un valore
aggiunto rispetto alle opere decorative. Essa non è un opera che tende
a decorare, come spesso si ritrova nell’architettura contemporanea, ma
è un’opera che unisce in se la capacità pittorica, artistica, ed il
messaggio religioso.
Ancora Paolo Romano sottolinea la presenza, nel
volto di
San Matteo, di
un leggero sorriso ed evidenzia come il dipinto potrebbe anche
titolarsi “Il sorriso di San Matteo”. Piace immaginare un Santo
sorridente visto che sono rarissime le rappresentazioni analoghe
nell’arte sacra.
Prende poi la parola Stefano Trapanese che spiega
il
motivo del
tentativo di umanizzazione nell’immagine del Santo. Egli, rifacendosi
al passato, ricorda quanto i dipinti nell’antichità abbiano fatto da
tramite tra la comunità dei credenti e il messaggio evangelico. La
rappresentazione pratica attraverso la semplice fruizione
dell’immagine. L’artista si dice emozionato e commosso per questa
cerimonia che è il suggello ad un percorso lavorativo durato 5 mesi.
Passa poi ai ringraziamenti sia alle autorità civili che religiose, ai
modelli utilizzati per il dipinto, agli amici e a tutti i presenti. |