“Conversione
di San Pantaleone”,
olio su tela, dim. 200x150cm
-COME
NASCE L’ISPIRAZIONE-
Io,
salernitano devoto a San Matteo, non avevo mai rivolto
l’attenzione verso San
Pantaleone. Qualche anno fa, in un viaggio a Venezia con soggiorno
presso
l’Hotel San
Pantalon, che prende in prestito il nome dal quartiere, mi sono
imbattuto nella
chiesa di San Pantalon, appunto.
Da
pittore di arte sacra quale
sono, è naturale che non ho potuto frenare la curiosità che solitamente
mi spinge
a visitare i luoghi di culto soprattutto per scoprirne i tesori in
campo
artistico. Ebbene entrando ho una graditissima sorpresa. Uno dei miei
pittori
preferiti del ‘500, Paolo Caliari detto il Veronese, ha dipinto per
quella
chiesa una splendida pala titolata “Conversione di San Pantaleone”.
L’emozione
mi assale, gli occhi quasi brillano, doloroso sbattere le ciglia e
perdersi
anche un solo attimo di cotanta bellezza. Le pose dei personaggi sono
plastiche, protese ognuna a recitare un ruolo. Pochi attimi e
rinsavisco: quale
ruolo? Cosa significa questo dipinto e cosa rappresenta? Scarne le
informazioni
fornitemi da una sorta di custode, ma quanto basta per avere gli indizi
necessari per approfondire in altra sede. Nel quadro si può ammirare un
giovane
medico ben riccamente vestito che risana un fanciullo morso da una
vipera.
E’
stato questo il mio primo
approccio alla storia del santo martirizzato in giovane età. Quando
poi, dopo
qualche tempo, ho incrociato il direttore del museo del Duomo di
Ravello,
scoprire che, la cattedrale della cittadina costiera, è dedicata
proprio a San
Pantaleone, ha ridestato in me quelle sensazioni di qualche tempo
prima. Il
direttore, al quale ho sottoposto i miei dipinti, mi propone di
realizzarne uno
proprio per il suo museo. Pochi attimi di riflessione e, la sfida
lanciatami,
si materializza nella mente proprio con l’episodio della “Conversione”,
quadro visto
qualche anno prima a Venezia.
Cercare
una nuova soluzione
compositiva, con figure altrettanto plastiche ma maggiormente protese
alla
magnificazione del difficile confronto tra medicina umana e medicina
divina. E’
questa la scommessa che raccolgo e alla quale comincio a lavorare. Una
visita
al santuario di San Pantaleone al Borgo di Montoro Superiore (AV). I
dipinti
sono svariati, tutti realizzati dal M° Alfonso Grassi in gioventù. A
dire il
vero, quei personaggi, spesso citazione di dipinti del passato,
risentono non
poco di un’impostazione apocrifa, non certo originale. Il mio
Pantaleone dovrà
essere reale, unico, innovativo, singolare, inedito, insolito.
Il
prossimo passo individuare
volti consoni al contesto e anche interpretare, come a me piace, con
accenti
forzati, i chiaroscuri.
La
soluzione è stata mettere
insieme un gruppo di “modelli” e portarli su un vero e proprio set
fotografico
presso un amico costumista in S.Maria di Castellabate. Centinaia le
pose e poi
il successivo “collage” al fine di realizzare una composizione chiara e
leggibile, ma anche struggente nella teatralità. I colori, i toni e
soprattutto
l’armonia di questi ultimi, la vera sfida.
Turbarmi
per un’idea, vivere
anche per un solo istante il dramma della scena, protendere le mani
alla
supplica come ogni uomo di questa terra sempre farà nella circostanza
del
bisogno, tante le emozioni e gli entusiasmi.
Realizzo
un bozzetto, trattasi di
un dipinto di medie dimensioni (80x60cm), lo sottopongo al committente
il
quale, con suggestione e slancio, approva. Mi metto così al lavoro per
la
realizzazione della grande tela.
Anzitutto
occorre un telaio che
sia di “qualità” e cioè che non imbarchi nel tempo e sia costituito da
legno
adatto a restare inalterato negli anni. Poi la scelta della tela e
dell’imprimitura, fase necessaria per una base capace di fungere da
supporto
per la stesura del colore ad olio.
Tre
mesi di lavoro e, all’atto
della consegna in maggio 2012, l’amara sorpresa di un diniego, da parte
del
museo, per sopraggiunti motivi economici e che risparmio al lettore.
Da
quel momento il primo contatto
con la diocesi di Vallo della Lucania. Sottopongo svariate fotografie
dell’opera realizzata alla Commissione Arte Sacra che, dopo attenta
valutazione
del quadro sia sotto il punto di vista compositivo che quello
iconografico, ne
approva l’acquisizione per la collocazione all’interno della cappella
di San
Pantaleone nella Cattedrale.
Il
mio breve racconto finisce
qui, o forse no, perché è da qui che comincia la mia collaborazione con
altre chiese
della diocesi. La prima commissione giunge dal parroco della SS
Annunziata in
Montano Antilia e che consegno il 15 giugno del 2013. Si tratta del
cielo della
Chiesa Madre ornata da sette dipinti dagli svariati soggetti e ben 22
personaggi in un turbinio di angeli e santi.
Infine,
un caloroso
ringraziamento a chi ha voluto credere in me e nel mio modesto lavoro e
mi
riferisco in particolare all’ architetto Raffaele Rammauro,
responsabile Ufficio
Tecnico della suddetta diocesi, il quale non ha esitato a incoraggiarmi
e prendere
in considerazione la mia opera, e a Don Aniello Scavarelli parroco
della
Cattedrale di Vallo, religioso devoto e attento all’arte, qualità
tipica di chi
è, anzitutto, buono nell’animo.
Il
pittore Stefano Trapanese
(dal
quotidiano "LA
CITTA'" 31/10/2012)
...San
Pantaleone, un santo che con la sua storia unisce il
nord e il sud della provincia di Salerno, Ravello sulla costa
amalfitana e la
città di Vallo della Lucania. A dipingerlo, su una nuova grande tela
che riproduce
proprio l’episodio della conversione del veneratissimo martire dei
primi secoli
del Cristianesimo, è l'artista Stefano Trapanese. La tela, che verrà
collocata nella
cattedrale di Vallo, è un olio di notevoli dimensioni (200x150cm),
fatta
appositamente per una destinazione di culto imponente.
Trapanese si è ispirato allo
stile dei caravaggeschi,
giocando sul chiaroscuro, sulla luce che irrompe fortemente sulla scena
come
per una epifania. Il santo di Nicomedia, (attuale Izmit in Turchia),
ucciso
durante le persecuzioni di Diocleziano a cavallo tra il terzo ed il
quarto
secolo è raffigurato giovane, mentre assiste al miracolo che lo indusse
a farsi
battezzare. «La storia – spiega Trapanese - narra che Pantaleone,
medico alla
corte dell’imperatore Massimiano, un giorno si imbatte per strada in un
fanciullo ucciso da un morso di vipera. Egli allora, commosso, espresse
il desiderio
che, se Dio lo voleva come suo servo, doveva intervenire a risanare il
fanciullo.
A questo punto la vipera, ben visibile in basso nel quadro, muore
mentre il
fanciullo ritorna in vita. In seguito a questo episodio Pantaleone ed
il
ragazzo si fecero entrambi battezzare e da qui il titolo del dipinto:
Conversione di San Pantaleone».
Nella tela è rispettata
l’iconografia del santo attraverso l’attributo
rappresentato dalla scatola di farmaci e la presenza di un drappo rosso
che
simboleggia il martirio. Un colonnato del palazzo dell’imperatore e la
presenza
di una Bibbia e di un libro di medicina completano la scena mistica.
Nella
staticità dell’azione è la tremante mano del bimbo ad individuare il
momento esatto
della risurrezione. Non manca una contestualizzazione al territori: i
gradini
sui quali si svolge la scena sono quelli di accesso alla cattedrale di
San
Matteo di Salerno. In basso compaiano anche Sant’Ermolao e un testimone
del
miracolo. Sono invece persone reali i soggetti cui si è ispirato dal
vero
l'artista: «Mattia Carbone è San Pantaleone; Giuseppe Carabetta è il
testimone;
Felice Chiumiento è Sant'Ermolao, Marco Bottino è il ragazzo in basso a
destra». L'opera, dopo essere stata sottoposta all’attenzione della
commissione
Arte Sacra della diocesi, che ne ha valutato l'aspetto estetico ed
iconografico,
sarà collocata nella cattedrale di Vallo della Lucania, nella cappella
barocca
di San Pantaleone, sabato 17 novembre alle 17.30, alla presenza del
vescovo,
monsignor Ciro Miniero che la benedirà e del parroco, don Aniello
Scavarelli. Il
giorno successivo sono previsti i solenni festeggiamenti per ricordare
la
traslazione di un’ampolla del sangue di San Pantaleone da Ravello a
Vallo.
Paolo Romano
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